"Io sono il proprietario della mia potenza, e tale divento appunto nel momento stesso in cui acquisto la coscienza di sentirmi Unico. Nell'Unico, il possessore ritorna nel Nulla creatore dal quale è uscito. Qualunque essere superiore a me, sia esso Dio o Uomo, deve inchinarsi davanti al sentimento della mia unicità e impallidire al sole di questa mia coscienza. Se io ripongo la mia causa in me stesso, l'Unico, essa riposa sul suo creatore effimero e perituro che da se stesso si consuma; quindi potrò veramente dire: Io ho riposto la mia causa nel Nulla".(1)
"Che cosa non dev'essere mai la mia causa! Innanzitutto la buona causa, poi la causa di Dio, la causa dell'umanità, della verità, della libertà, della filantropa, della giustizia; inoltre la causa del mio popolo, del mio principe, della mia patria: infine, addirittura la causa dello spirito e mille altre cause ancora. Soltanto la mia causa non dev'essere mai la mia causa. "Che vergogna l'egoista che pensa soltanto a sè.
Ma guardiamo meglio come si comportano con la loro causa colore per la cui causa non dobbiamo lavorare, sacrificarci ed entusiasmarci.
Voi che sapete dire molte cose profonde su Dio e che per millenni avete "sondato gli abissi della divinità" e scrutato il suo cuore, voi certo sapete dirci come Dio stesso tratti la "causa di Dio", che noi siamo chiamati a servire. E infatti voi non fate mistero del modo di comportarsi del Signore. Ora, q1ual è la sua causa? Forse che egli ha fatto sua, come si pretende da noi, una causa estranea, la causa della verità, dell'amore? Questo malinteso vi indigna e voi c'insegnate che la causa di Dio è sì la causa della verità e dell'amore, ma che questa causa non può esser detta a lui estranea. [...] Egli si cura solo della sua causa, ma poiché egli è tutto in tutto, così tutto è sua causa! Ma noi, noi non siamo tutto in tutto e la nostra causa è davvero piccola e spregevole: per questo dobbiamo servire una causa superiore".
-Bene è quindi chiaro che Dio si preoccupa solo di ciò che è suo, si occupa solo di sé, pensa solo a sé e vede solo sé; guai a tutto ciò che a lui non è gradito! Egli non serve qualcuno che stia più in alto di lui e soddisfa solo se stesso. La sua causa è una - causa puramente egoistica.
Come stanno le cose per quel che riguarda l'umanità, la cui causa dovremmo far nostra? Forse che la sua causa è quella di qualcun altro? L'umanità serve una causa superiore? No, l'umanità guarda solo a sé, l'umanità è a se stessa la propria causa. Per potersi sviluppare, lascia che popoli e individui si logorino al suo servizio, e quando essi hanno realizzato ciò di cui l'umanità aveva bisogno, essa stessa li getta, per tutta riconoscenza, nel letamaio della storia. Non è forse la causa dell'umanità una - causa puramente egoistica?
Non è necessario che dimostri, a chiunque vorrebbe imporci la sua causa, che a lui interessa solo se stesso, non noi, solo il suo bene, non il nostro. Provate un po' a osservare gli astri. La verità, la libertà, la filantropia e la giustizia aspirano forse a qualcos'altro che a farvi entusiasmare e a farsi servire da voi? Per esse va benissimo se risvegliano adorazione e zelo. Ma guardate il popoli che viene difeso dall'abnegazione dei suoi patrioti. I patrioti cadono in lotte sanguinose o in lotta contro la fame e la miseria; forse che il popolo se ne interessa? Grazie al concime dei loro cadaveri il popoloso diventa un "popolo fiorente"! Gli individui sono morti "per la grande causa del popolo " e il popolo dedica loro due parole di ringraziamento e - ne trae il suo profitto. Questo io lo chiamo egoismo fruttuoso. [...] E allora, sulla base di questi fulgidi esempi, non volete capire che è l'egoista ad avere sempre la meglio? Io, per conto mio, ne traggo un grande insegnamento e, piuttosto che continuare a servire disinteressatamente quei grandi egoisti, voglio essere l'egoista io stesso.
Dio e l'umanità hanno fondato la loro causa su nulla, su null'altro che se stessi. Allo stesso modo io fondo allora la mia causa su me stesso, io che, al pari di Dio, sono il nulla di ogni altro, che sono il mio tutto, io che sono l'unico.
Se Dio, se l'umanità hanno, come voi assicurate, sufficiente sostanza in sé per essere a se stessi il tutto in tutto, allora io sento che a me mancherà ancora meno e che non avrò da lamentarmi della mia "vuotezza". Io non sono nulla nel senso della vuotezza, bensì il nulla creatore, il nulla dal quale io stesso, in quanto creatore, creo tutto.
Lungi da me perciò ogni causa che non sia interamente la mia causa! Voi pensate che la mia causa dovrebbe essere almeno la "buona causa"? Macchè buono e cattivo! Io stesso sono la mia causa, e io non sono né buono né cattivo. L'una e l'altra cosa non hanno per me senso alcuno.
Il divino è la causa di Dio, l'umano la causa dell'"uomo". La mia causa non è né il divino né l'umano, non è ciò che è buono, vero, giusto, libero, ecc. bensì solo ciò che è mio, e non è una causa generale, ma - unica, così come io stesso sono unico.
Non c'è nulla che m'importi più di me stesso!
L'ideale "l'uomo" è realizzato non appena la concezione cristiana si ribalta in questa tesi: "Io, questo unico, sono l'uomo". Il problema concettuale: "Che cos'è l'uomo?" si è così trasformato nel problema personale: "Chi è l'uomo?". Col "che cosa" si cercava il concetto per realizzarlo; col "chi" non c'è assolutamente nessun problema, bensì la risposta è già presente di persona in colui che pone il problema: il problema si risponde da sé.
Si dice di Dio: "Nessun nome può nominarti". Ciò vale per me: nessun concetto si esprime, niente di quanto viene indicato come mia essenza mi esaurisce: sono solo nomi. Di Dio si dice pure che è perfetto e che non ha il compito di aspirare alla perfezione. Anche questo vale solo se detto di me stesso.
Proprietario del mio potere sono io stesso, e lo sono nel momento in cui di essere unico. Nell'unico il proprietario stesso rientra nel suo nulla creatore, dal quale è nato. Ogni essere superiore a me stesso, sia Dio o l'uomo, indebolisce il sentimento della mia unicità e impallidisce appena risplende il sole di questa mia consapevolezza. Se io fondo la mia causa su di me, l'unico, essa poggia sull'effimero, mortale creatore di sé che se stesso consuma, e io posso dire:
Io ho fondato la mia causa su nulla.(2)
"Il fatto che il comunista vede in te l'uomo, il fratello, è solo l'aspetto domenicale del comunismo. Secondo l'aspetto feriale del comunismo, invece, egli non ti considera affatto soltanto come uomo, ma come lavoratore umano o come uomo lavoratore. La prima concezione esprime il principio liberale, nella seconda si nasconde una concezione illiberale. Se tu fossi un "fannullone", il comunismo non disconoscerebbe certo l'uomo in te, ma tenterebbe di purificare "l'uomo pigro" che è in te, di levargli la pigrizia e convertirti alla fede secondo cui il lavoro è la "vocazione" e la "missione" dell'uomo; però, essendo questo un progetto impossibile, lo Stato lo esclude [...] cioè lo rinchiude, trasformandolo da cittadino in compagno di prigione (o di manicomio o di ospedale, secondo il comunismo)."(3)