Sara Stoppino

La filosofia tra assolutismo e totalitarismo

Contro i totalitarismi: l'impegno politico di Hannah Arendt.


Hannah ArendtHannah Arendt nasce ad Hannover, in Germania, nell'ottobre del 1906. La sua famiglia è ebrea e il nonno è un'importante personalità della comunità ebraica locale. La sua cultura quindi risente dei valori culturali dell'ebraismo, anche se di questo influsso ne risentì soltanto nella maturità. Per molto tempo, infatti, Hannah si disinteressa dell' ebraismo, e anche quando avrà inizio il lento recupero della propria identità ebraica, esso sarà rivolto agli aspetti politici e storici, non prettamente a quelli relgiosi. Dichiarerà lei stessa di "essersi educata con fatica e con tormento all'esperienza ebraica", mostrando una certa indifferenza non solo per questa dottrina, ma anche per qualsiasi altro culto. Fin da molto giovane s'interessa alla filosofia: a soli quattordici anni legge Kant e Kierkegaard e studia greco. Negli anni dell'università frequenta le lezioni di eminenti maestri, che daranno un'impronta decisiva alla sua formazione e alla sua vita: per primo Martin Heidegger, per il quale conserverà particolare affetto. A Friburgo frequenta i corsi di Edmund Husserl, e conosce Karl Jaspers che sarà il suo relatore per la tesi e rimarrà fino alla sua morte rimarrà suo insostituibile amico e guida spirituale. Nel 1929 si trasferisce a Berlino e si sposa con un giovane filosofo tedesco. E' proprio in questi anni che la Arendt si avvicina alle problematiche politiche e alla questione ebraica. Siamo ormai negli anni trenta, in un'Europa sconvolta dai conflitti politici, economici (la crisi economica del '29 che sconvolse anche l'intera Europa), sociali, ideologici. Nel 1933, dopo l'incendio del Reichstag, la Arendt viene arrestata per aver aiutato alcuni comunisti a fuggire dalla Germania ormai in mano ad Hitler. Riesce ad evadere ed a lasciare il paese assieme alla madre e al marito rifugiandosi in un primo tempo in Svizzera e poi a Parigi. Da questo momento tutto il suo impegno è rivolto alla militanza politica; in quanto ebrea e quindi emarginata e perseguitata, Hannah condivide una sorte comune a migliaia di persone che in quell' epoca erano costrette a fuggire dai propri paesi. A Parigi frequenta ambienti marxisti, collabora con varie associazioni ebraiche, diventa segretario generale di un'agenzia per l'espatrio degli ebrei tedeschi e austriaci dal Reich nazista. Nel '40 dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale, la Francia viene occupata dalle truppe tedesche. Nello stesso anno la Arendt, in quanto straniera sospetta, per di più ebrea, viene internata insieme al marito, in un campo di concentramento dal governo collaborazionista Vichy. Dopo alcuni mesi riescono fortunosamente ad imbarcarsi per New York. Qui Hannah troverà rifugio dalla drammatica situazione europea, così come altri intellettuali dell'epoca emigrati negli Stati Uniti. A New York Hannah Arendt continua a dedicarsi all'attività politica. Nel 1948 nasce lo stato di Israele: una grande vittoria per gli ebrei di tutto il mondo. Hannah assumendo una posizione imparziale e corraggiosa, si attirerà le ostilità di alcuni settori della comunità ebraica denunciandone il fanatismo nazionalista, sottolineando che la pace in Medio Oriente non sarà mai possibile finchè la politica d'Israele tenderà a escludere i Palestinesi, a negare loro la cittadinanza israeliana e a ridurli alla condizione di minoranza nazionale. Nel 1951 esce la prima edizine de "Le origini del Totalitarismo". Nello stesso anno ottiene la cittadinanza Americana. Nel 1961 la Arendt parte per Gerusalemme come giornalista del New Yorker importante rivista culturale statunitense, per assistere al processo contro Eichmann, ex tenente colonnello delle SS naziste. La Arendt sostiene come non si debba guardare a Eichmann come a una personalità tormentata e demoniaca, ma come ad un uomo banale, senza idee e senza immaginazione, e in quanto tale predisposto ad obbedire a qualsiasi ordine. Spiega poi che

"i principi che valgono per i regimi in cui il crimine e la violenza sono casi limite, non si possono applicare a un regime in cui il crimine è legale e anzi è una regola", 1

e affronta il tema dell'ineguatezza sia dei vecchi sistemi giuridici e dei vecchi codici morali.
Negli anni della guerra del Vietnam si trova in prima linea nella polemica contro la politica del governo americano, critica la pax americana del dopo Vietnam, definendola un'esportazione imperialistica del potere statunitense; chiede che la disubbidienza civile venga inserita nella costituzione americana, come strumento politico dei cittadini che si vogliono opporre alle decisioni governative. Hannah Arendt muore nel dicembre del 1975.

LE ORIGINI DEL TOTALITARISMO

Le origini del totalitarismo venne scritto immediatamente negli anni successivi alla seconda guerra mondiale. Il manoscritto venne steso nel 1949 e la prima edizione comparve nel 1951, momento in cui era nuovamente possibile esprimere liberamente il proprio pensiero.
Il contributo del libro è duplice: da un lato cerca di ricostruire il processo di genesi del totalitarismo rivisitando la storia europea recente in particolare dagli anni '80 del secolo XIX fino alla seconda guerra mondiale; dall' altro, analizza la dinamica dei movimenti totalitari prima e dopo la conquista del potere per costruire un tipo "ideale" di regime totalitario, caratterizzato dalla particolare combinazione di ideologia, terrore, e organizzazione di unico partito. Si articola in tre parti: la prima è dedicata allo studio dell'antisemitismo, la seconda all'imperialismo e la terza allo studio della società di massa senza classi.
L'antisemitismo viene studiato come fenomeno rigorosamente circoscritto all'epoca moderna, all'analisi della condizione degli ebrei nella società Europea del '800 e del '900 con una disamina approfondita dell'Affaire Dreyfus. Alfred Dreyfus, ufficiale francese ebreo, fu ingiustamente accusato nel 1894, di spionaggio a favore della Germania. Il fatto che fosse ebreo complicò notevolmente la vicenda alimentando sospetti e denunce di intolleranza razziale. I Francesi si schierarono in due partiti: la sinistra innocentista (democratici e repubblicani) e la destra colpevolista (reazionari e contrari alla repubblica), ci fu il terrore di una guerra civile, sventata dall'energico intervento del governo. Dreyfus fu degradato e condannato alla deportazione nella Isola del Diavolo, e riabilitato dopo alcuni anni, quando il vero colpevole, il colonnello Esterhazi, nel 1896 scrisse la sua confessione.
La seconda parte dell'opera è invece dedicata all'imperialismo.
L'Imperialismo, viene delineatato storicamente in modo preciso e distinto dal vecchio colonialismo ('500, '600, '700). L'epoca contemporanea ha visto un nuovo tipo di espansione coloniale che ha il suo inizio verso la fine dell'ottocento, finalizzato non solo alla conquista, ma anche alla costruzione di veri e propri imperi economici. E' un copovolgimento dei valori, che attribuisce assoluta autorità all'economia invece che alla politica.
L'imperialismo trova le sua fondamenta nel razzismo e nella riduzione della politica a un governo di burocrati, irrispettoso del diritto e dell'ugualianza; gli stessi ingredienti si troveranno anche nel totalitarismo.
Gli imperialisti del XIX hanno portato nelle loro colonie soltanto il loro potere; lungi dal riconoscere ai loro abitanti i diritti civili e politici, hanno messo in atto una dominazione che trova nel razzismo l'ideologia dominante.
La causa che spinse l'Europa verso una simile avventura non fu soltanto di tipo economico: ad essa concorse anche la necessità di esportare nelle colonie uomini "superflui", individui che non volevano accettare la propria identità sociale in patria, falliti o annoiati, appassionati dell'avventura imperialista che dava loro l'opportunità di potere gestire un nuovo potere assoluto. Hannah ArendtQuesti non avendo legami veri e propri in patria, volevano sfuggire ad una identità sociale non soddisfacente o alla noia di una vita senza scopi e consideravano gli uomini del paese colonizzato come persone di una razza inferiore. Quello che qui interessava ad Hannah sottolineare è che quegli uomini erano espressione una crisi delle società occidentali e rappresentavano un possibile punto di deviazione verso esperienze non democratiche. Invece di trasformare l'imperialismo in un sistema astratto, Hannah da una prospettiva inconsueta, cerca di delineare e di capire il profilo socio - psicologico degli uomini che avevano contribuito a realizzarlo.
Nel quadro tracciato dalla Arendt ci viene mostrata un'Europa malata che ha assistito, a cavallo tra 800 e 900, ad una progressiva dissoluzione degli stati e delle società nazionali, pervasa da una degenerazione della politica e da una generalizzata crisi dei valori. E' un'Europa impestata da razzismo e intolleranza, contro tutte le minoranze presenti nei paesi europei; a livello coloniale direttamente brutale contro gli abitanti dei paesi colonizzati, africani e asiatici. Quello della Arendt è un ricorrente inno alla diversità e al pluralismo come fonti di arricchimento e come essenza stessa della variegata ma universale natura umana. La diversità fa paura e per questo tende ad essere eliminata; solo l'uguaglianza giuridica riesce a tutelarla e a proteggerla.
La terza parte, infine, inizia con una riflessione sulla società di massa, senza classi, quasi a sottolineare il ruolo determinante di questo fattore nel favorire il radicamento dei movimenti totalitari, sviluppando poi l'analisi di tali movimenti sia nella fase precedente la conquista del potere sia nella fase in cui sono al potere.
Arendt sceglie questo titolo "Le origini del totalitarismo" perchè secondo lei questo movimento è un fenomeno nuovo come è un neologismo, nell'epoca in cui scrive, la stessa parola totalitarismo.
I totalitarismi per la Arendt furono soltanto due: lo stanlinismo e il nazional socialismo. Le caratteristiche comuni ad entrambi vanno ricercate in un progetto statale che cancella ogni forma sociale che non rientra nello stato totalitario, mentre, per esempio, il fascismo italiano che dovette coesistere con la monarchia e la chiesa, non può di fatto annoverarsi, per la Arendt, tra i totalitarismi.

FOLLA MASSA SOCIETA'

Il totalitarismo è un fenomeno completamente nuovo, reso possibile da una società senza classi sociali in cui predomina la massa.
Per la Arendt, la massa esiste potenzialmente in ogni paese ed è formata dagli scarti di tutte le classi e di tutti gli strati sociali, La frantumazione sociale è generata dalla violenza dell'economia competitiva.
La massa è una moderna plebe creata dal potere borghese che, diventata politicamente neutrale, ha perso coscienza dei propri interessi e che quindi non può riconoscersi in alcun partito politico, in alcuna amministrazione locale, in un'associazione sociale o sindacato.
Per di più i cittadini, non messi in grado di partecipare alla vita pubblica, finiscono per ridurre la politica a pura attività amministrativa e di potere, in questo modo sorgono le condizioni base per i movimenti dei regimi totalitari.
Questi trasformando le classi in una schiera di individui intercambiabili, portano alle estreme conseguenze una delle caratteristiche della società di massa e possono essere contrastati solo dalla rinnovata comprensione degli interessi di classe ma soprattutto da libere forme di associazione capaci di restituire alla politica quel carattere di massima espressione della creatività umana che l'autrice individua nella polis greca.

LA POLITICA TOTALITARIA

Scrive la Arendt:

"La politica totalitaria, non sostituisce un corpo di leggi con un altro, non instaura un proprio consensus iuris, non crea con una rivoluzione una nuova forma di legalità. La sua noncuranza per tutte le leggi positive, persino per le proprie, implica la convinzione di poter fare a meno di qualsiasi consensus iuris [...] perchè promette di liberare l'adempimento delle legge dall'azione e dalla volontà dell'uomo" 2

Il risultato è che nel regime totalitario

"il posto del diritto positivo viene preso dal terrore totale, inteso a tradurre in realtà la legge di movimento della storia o della natura". 3

Uno dei maggiori meriti della Arendt è di aver chiarito che il totalitarismo non è un'anomalia, un accidente storico, ma è connaturato allo sviluppo della società moderna, è una delle varianti del suo sviluppo che scaturisce dalla crisi della democrazia parlamentare.
Le preoccupazioni della Arendt sono pervase dal trauma profondo suscitato dalle tragedie degli anni trenta e della seconda guerra mondiale.

GLOSSARIO

  • ANTISEMITISMO: ostilità verso gli Ebrei, trova la base in diverse motivazioni (religiose culturali, razziali, nazionalistiche, economiche), è stato una costante fin dal medioevo specie nell'Europa centro orientale trovando il suo culmine dal 1933 al 1945 nello sterminio organizzato dai nazisti.
  • IMPERIALISMO: tendenza di uno stato o popolo ad espandere i propri domini e a esercitare la propria egemonia diretta o indiretta su altri popoli. Più specificatamente l'ideologia dell'espansione coloniale ed economica dei vari stati Europei in particolare quella della Gran Bretagna.
  • TOTALITARISMO: sistema politico in cui il potere è nelle mani di un gruppo ristretto di di persone, che lo esercitano al di fuori di ogni controllo democratico.
  • ASSOLUTISMO: sistema politico caratterizzato dall'attribuzione di ogni forma di potere ad un sovrano sciolto da vincoli e limiti nei confronti dei sudditi. Tale potere per Hobbes deriva da un patto tra i cittadini che delegano il sovrano o un'assemblea ad esercitare il diritto naturale di tutti su tutto Affermatosi in Europa nei secoli XVI-XVIII, L'assolutismo contrappone al sovrano una generalità di sudditi con identica posizione giuridica e dà vita ad una classe di funzionari il cui potere centrale necessita per lo svolgimento dei molteplici compiti dell' amministrazione.

NOTE

  1. H. Arendt, La responsabilità personale sotto dittatura, in "Micromega", 1991 torna al testo

  2. H. Arendt, "Origini del totalitarismo", Tit. orig. :"The originis of Totalitarianism", Edizione di comunità, 1999,Torino, pag.633 torna al testo

  3. ibidem pag.636 torna al testo

BIBLIOGRAFIA:

  • Carmelo Sambugar, Doretta Ermini, "Pagine di letteratura Italiana ed Europea", vol. 3, Terza ristampa, Scandicci, Firenze, 1998

  • Anna Bravo, Anna Foa, Lucetta Scaraffia, "I fili della memoria uomini e donne dal 1900 ad oggi", vol. 3, Prima edizione , Edizione Laterza, Roma, 2000

  • Mario Trombino, "La ricerca contemporanea", vol. 3, Prima ristampa, Edizione Poseidonia, 1998

  • Hannah Arendt, "Origini del totalitarismo", Tit. orig. :"The originis of Totalitarianism", Edizione di comunità, 1999, Torino

  • Hannah Arendt, La responsabilità personale sotto dittatura, in "Micromega", 1991