LUDWIG WITTGENSTEIN

Bertrand Russell (Ritratto)

Vita e scritti:

Nasce a Vienna il 26 aprile del 1889. Dal 1908 al 1911 frequenta la facoltà di ingegneria dell'università di Manchester occupandosi di ricerche di aeronautica, in particolare di un motore a reazione, questi studi susciteranno in lui l'interesse per la matematica.
Su consiglio di Frege si reca, nel 1911 a Cambridge per studiare con B. Russell, è ammesso al Trinity College e si iscrive all'università di Cambridge nel 1912 dove rimane fino al 1913.In questo stesso anno si stabilisce in Norvegia andando a vivere in una fattoria fino allo scoppio della prima guerra mondiale. Qui nel 1914 detta a E. G. Moore le Note sulla logica, quindi si arruola come volontario nell'esercito austriaco.
Nel 1918 durante una licenza a Vienna termina il Tractatus logico-philosophicus.
Nel 1919 incontra in Olanda B. Russell e si accorda con lui per la pubblicazione di quest'opera. Il Tractatus logico-philosophicus esce nel 1921.
Nel 1926 é a Vienna dove entra in contatto con alcuni esponenti del Circolo (M.Schlick e F.Waisman);nel 1930 diviene Fellow del Trinity College di Cambridge e comincia la sua attività di docente. Negli anni 1933-34 alcuni allievi raccolgono gli appunti scritti durante le sue lezioni, saranno pubblicati sotto il titolo di The blue book; Nel 1934-35 detta a due allievi il testo che sarà noto come The brown book.
Nel 1938 sostituisce G.E.Moore nella cattedra di filosofia a Cambridge.Tiene le ultime lezioni nel 1947 e nell'autunno abbandona l'insegnamento. Nel 1948-49 si dedica alla stesura della seconda parte delle Ricerche filosofiche che saranno pubblicate postume nel 1953.
Muore il 29 aprile del 1951.

Linguaggio e fatti:

La filosofia di Wittgenstein in entrambe le sue fasi è essenzialmente una teoria del linguaggio. Da una parte c'è il mondo, come totalità di fatti, dall'altra il linguaggio come totalità di proposizioni che significano i fatti stessi.
Anche le proposizioni (in quanto costituite di parole, segni suoni) sono fatti. I fatti che costituiscono il mondo accadono, si mostrano, ma sono muti; le proposizioni (che sono anch'esse fatti) raffigurano i fatti e li significano.
Il linguaggio è per il primo Wittgenstein (Tractatus logico-philosophicus) la raffigurazione logica del mondo. Fra il mondo e il linguaggio non vi sono mediazioni quali il pensiero, la coscienza. Il pensiero e il linguaggio si identificano. "La raffigurazione logica dei fatti è il pensiero" (3). "La totalità dei pensieri veri è una raffigurazione del mondo" (3.01). "Il pensiero è la proposizione significante" (4), ossia linguaggio e pensiero sono la stessa cosa.
Si possono pensare ed esprimere solo fatti del mondo, per il pensiero vale la stessa limitazione che c'è per il linguaggio. Questo è il presupposto empiristico fondamentale della filosofia di Wittgenstein.
Il mondo è la totalità dei fatti o meglio dei fatti atomici (stati di cose), ossia fatti che accadono indipendentemente l'uno dall'altro. I fatti atomici compongono fatti complessi. Un fatto atomico è invece composto da oggetti semplici, che non si possono scomporre e che costituiscono la sostanza del mondo. Gli oggetti si combinano in modi determinati, nei fatti atomici: questo ne costituisce la forma, la forma è anche la struttura del fatto atomico, sono forme degli oggetti lo spazio, il tempo, il colore ecc.
Secondo Wittgenstein gli oggetti compongono i fatti atomici, ovvero gli elementi costitutivi del mondo; sotto forma di nomi compongono le proposizioni atomiche ovvero gli elementi costitutivi del linguaggio. La proposizione non è una semplice proiezione di un fatto o una sua copia, ma è piuttosto una raffigurazione logica ovvero rappresenta una certa configurazione possibile degli oggetti che costituiscono il fatto.
La proposizione in altre parole condivide con il fatto atomico la forma degli oggetti, ossia una determinata possibilità di combinazione degli oggetti fra loro. Ciò rende i fatti esprimibili attraverso il linguaggio e rende quest'ultimo dotato di senso e in accordo con il mondo.
La verità di una proposizione si ha quando questa raffigura un fatto reale. In questo modo si giustificano le scienze empiriche della natura. "Il mondo è completamente descritto da tutte le proposizioni elementari con in più l'indicazione di quali siano vere e di quali siano false" (4.26). Le scienze sono costituite anche da ipotesi, da teorie, dunque non esistono leggi naturali; le leggi ovvero la regolarità appartengono solo alla logica e "fuori della logica tutto è caso". (6.3)
Una teoria scientifica non dice nulla dell'universo, a parte il fatto che lo si possa descrivere con una teoria piuttosto che con un'altra.Con queste affermazioni Wittgenstein nega all'universo ogni forma di necessità.
Una proposizione non è né probabile, né improbabile perché il fatto cui si riferisce o accade o non accade, non vi sono vie di mezzo. La probabilità viene usata quando non si conosce un fatto, ma si sa qualcosa della sua forma ovvero sulla sua possibilità.

Le tautologie

Le proposizioni che concernono fatti sono contingenti e non necessarie, e in questo Wittgenstein conferma ciò che avevano affermato Leibniz e Hume, ma Leibniz ammetteva anche l'esistenza di "verità di ragione" e Hume di verità concernenti "relazioni fra idee".
Anche W. ammette l'esistenza di proposizioni che esprimono la possibilità generale o essenziale dei fatti e che sono vere indipendentemente dai fatti stessi: queste proposizioni sono le tautologie. Se noi diciamo "Piove" esprimiamo la possibilità di un fatto, questa proposizione è vera se il fatto accade, analogamente se diciamo "Non piove"; invece la proposizione "Piove o non piove esprime tutte le possibilità ed è vera indipendentemente dal tempo che fa.
La proposizione "Questo scapolo è sposato" esprime una impossibilità ed è quindi falsa sempre, questo è un esempio di contraddizione.
La tautologia è necessariamente vera, la contraddizione necessariamente falsa. Esse non sono provviste di senso e appartengono al simbolismo, cioè al campo vero e proprio della logica.
Per Wittgenstein tutte le proposizioni della logica sono tautologie, "esse non dicono nulla" sono analitiche nel senso kantiano, infatti non si riferiscono a fatti, ma esprimono modi possibili di connessione o di trasformazione di una proposizione nell'altra: sono operazioni linguistiche che stabiliscono equivalenze (o non equivalenze) tra espressioni linguistiche che l'esperienza non può smentire né confermare; l'unico legame che le proposizioni logiche devono avere con il mondo è che i nomi abbiano significato e le proposizioni elementari senso. La matematica si può ridurre alla logica, essa ne è un metodo. Il segno uguale in matematica significa che le espressioni che esso lega sono sostituibili (una vale l'altra), sono tautologiche. Solo nella logica e nella matematica esistono la necessità e l'impossibilità, poiché i fatti non hanno necessità e le proposizioni che esprimono i fatti neppure.
Wittgenstein ripropone la distinzione, già fatta da Hume, tra proposizioni significanti, che rimandano a fatti possibili, e proposizioni non significanti, ma vere che sono tautologie. In queste (come diceva anche Hume) ci sono i non-sensi ovvero proposizioni che non sono né significanti né tautologiche.
La maggior parte delle affermazioni della filosofia sono dei non-sensi perché in esse non si tiene conto della logica del linguaggio. Le proposizioni significanti appartengono alle scienze naturali e le tautologie appartengono alla logica
L'unica funzione che Wittgenstein assegna alla filosofia è quella di "critica del linguaggio", di "chiarificazione del pensiero". Quindi essa non è una dottrina, ma un'attività che ha come compito di chiarire il significato delle proposizioni e non di produrne: questo è ciò che si propone Wittgenstein con il suo Tractatus logico-philosophicus. Il perno di quest'opera è un assunto ontologico fondamentale: il mondo consta di fatti, i fatti a loro volta accadono e si manifestano in altri fatti che sono le proposizioni significanti. I limiti del linguaggio sono i limiti del mio mondo, cioè di tutto ciò che io posso capire, pensare, esprimere. Il limite non appartiene al mondo e quindi non può esprimersi con il linguaggio.
Tutti i problemi relativi al mondo, alla vita, alla morte e allo scopo dell'esistenza umana, non si possono neppure porre, non hanno risposte perché non sono domande.

Il secondo Wittgenstein

Il linguaggio descritto nel Tractatus, in cui ogni parola corrisponde a un oggetto significato è solo una fra le tante forme di linguaggio che possono esistere.
Il linguaggio è dunque caratterizzato da una molteplicità di forme che non può essere stabilita una volta per tutte: nuovi tipi di linguaggio, giochi linguistici come li chiama Wittgenstein, nascono in continuazione, mentre altri scompaiono.
La definizione di giochi linguistici è scelta da Wittgenstein per sottolineare che il linguaggio è un'attività o una forma di vita. Wittgenstein stesso indica alcuni esempi di giochi linguistici: dare ordini, eseguirli, descrivere un oggetto, riportare un evento, riflettere su un evento, recitare cantare, fare uno scherzo o raccontarlo, tradurre da una lingua all'altra, chiedere, ringraziare, augurare, pregare... Anche la matematica rientra nei giochi linguistici perché essa implica l'agire secondo determinate regole. La varietà dei giochi linguistici è tale che essi non possono essere ricondotti ad un concetto comune, essi hanno fra loro somiglianze e relazioni diverse.
Wittgenstein rivede anche la sua concezione di significato che così definisce: il significato di una parola è il suo uso nel linguaggio. Ma l'uso non è una regola che si possa imporre al linguaggio, è la consuetudine delle sue tecniche. Cade così anche l'aspirazione a ricercare un linguaggio perfetto, d'altra parte dove c'è un senso c'è anche ordine perfetto, anche nella più vaga delle proposizioni.
La filosofia dunque non può interferire con l'uso del linguaggio, né pretendere di modificarlo per ridurlo ad una forma perfetta, può solamente descriverlo. La filosofia non spiega e non deduce nulla, si limita a mettere le cose davanti alla nostra vista. Essa può paragonare i diversi giochi linguistici e stabilire fra essi un ordine per qualche scopo particolare, ma questo è solo una possibilità fra le tante.
In definitiva tutto ciò significa che i problemi filosofici devono semplicemente sparire; la filosofia è una malattia e la sua cura consiste nel non filosofare.
Questa concezione del secondo Wittgenstein della cessazione del filosofare, corrisponde al silenzio mistico di fronte ai problemi filosofici che aveva caratterizzato la prima fase del suo pensiero.
Una buona terapia contro i mali del filosofare consiste nel riportare le parole dal loro uso metafisico all'uso quotidiano.
La difesa della molteplicità dei linguaggi o in altre parole del relativismo linguistico, è l'aspetto più importante della seconda fase della filosofia di Wittgenstein, essa trova la sua conferma in campo antropologico, dove si va affermando il concetto di relativismo delle culture, e nei recenti studi linguistici.

Autori:
Anna CAMPAGNA
Monica MONTI
Lorena PANTI
Grazia TANZI