IL CONTRIBUTO DI KARL POPPER

Il rapporto fra Popper e il neopositivismo rappresenta uno dei problemi più controversi e discussi da parte degli studiosi. A tal proposito, come ha ricordato recentemente Luigi Lentini (1), sono state elaborate tre interpretazioni principali.
Per la prima, dominante sino alla fine degli anni Cinquanta, Popper sarebbe stato una sorta di neopositivista " dissidente ". Per la seconda, affermatasi a partire dagli anni Sessanta, Popper sarebbe stato l'avversario par excellence del neopositivismo, anzi colui che avrebbe contribuito a determinarne la fine.
Secondo una terza interpretazione, più recente, nel suo pensiero sarebbero presenti sia elementi neopositivistici, sia elementi anti-neopositivistici.
In altri termini, secondo questa lettura, che oggi ha un certo seguito, Popper rappresenterebbe il punto di transizione dal neopositivismo alla cosiddetta "epistemologia post-positivistica".
Ma se Popper non ha geneticamente formulato i suoi problemi e le sue idee direttive in relazione al neopositivismo, qual è dunque l'autentico punto di riferimento in rapporto a cui si è storicamente costituito il suo pensiero?
Da una lettura attenta delle sue opere risulta chiaro, come egli stesso scrive in La ricerca non ha fine, che "l'influenza dominante e a lungo andare, forse, l'influenza più importante di tutte l'ha esercitata Einstein.
Infatti, è in relazione al padre della relatività, come puntualizza ancora Lentini, che Popper formula i suoi problemi teorici fondamentali - quello della demarcazione tra scienza e pseudoscienza e quello della certezza del sapere scientifico - ed elabora il nucleo centrale del suo pensiero epistemologico con le idee di fallibilismo e falsificabilità.
Di conseguenza, è possibile dire che la rivoluzione epistemologica di Popper rappresenti il riflesso, in filosofia, della rivoluzione scientifica effettuata da Einstein in fisica.
In altre parole, Popper sta ad Einstein, come Kant sta Newton.

Se la teoria di Newton - scrive Popper - che era stata controllata nel modo più rigoroso ed era stata confermata meglio di quanto uno scienziato si sarebbe mai potuto sognare, era poi stata smascherata come ipotesi malsicura e superabile, allora era cosa disperata l'aspettarsi che una qualsiasi altra teoria fisica potesse raggiungere qualcosa di più che non lo stato di un'ipotesi.

In altre parole, Popper ha tratto da Einstein princìpi di fondo della sua epistemologia, sui quali ci dobbiamo soffermare ora: il falsificazionismo e il fallibilismo.


NOTE:

(1): N. ABBAGNANO, Storia della filosofia, vol. IV, La filosofia contemporanea (di G. Fornero), Utet Torino 1991, cap. VI, Fallibilismo e razionalismo critico (di L. Lentini) pp. 586-639. Torna al testo

Autori:
Danilo CUBEDDU
Carmelo INCARDONA