IL CIRCOLO DI VIENNA

Il Neopositivismo

Per “neopositivismo” o “positivismo logico” o “empirismo logico” o “neoempirismo” s’intende la corrente filosofica che, pur condividendo con il positivismo ottocentesco il privilegiamento della razionalità scientifica, se ne differenzia strutturalmente (donde il prefisso “neo”) sia per un concetto più critico della scienza, sia per l’attenzione prestata all’aspetto logico - linguistico della scienza stessa; tale indagine sul linguaggio porterà successivamente alla formulazione del fisicalismo
Il contesto storico-ambientale in cui nacque e si sviluppò inizialmente il neo - positivismo fu il cosiddetto “Circolo di Vienna”che si formò nel 1924, grazie alla personalità di Moritz Schlick (1882,1936) e di altri scienziati quali Frank von Mises Hahn, Kaufmann, Herzberg, Kraft, Otto Neurath, Rudolf Carnap che si occupavano, con grande dedizione, di stabilire un nesso nuovo fra scienze e filosofia. Questi studiosi (dottori in filosofia, studiosi di fisica, matematica e scienze sociali) si riunivano il giovedì sera in un café della vecchia Vienna (in quegli anni molto viva culturalmente) per discutere sia di questioni generali di filosofia della scienza, sia del pensiero di Mach.
Nel 1922 Schlick venne chiamato a Vienna, ad occupare la cattedra dell'ormai defunto Mach. Nel 1924 il filosofo Herbert Feigl e il logico e matematico Friedrich Waismann proposero a Schlick di costituire uno stabile gruppo di discussione. Schlick acconsentì e nacquero i celebri “colloqui del venerdì sera”. In tal modo, ebbe inizio la vera e propria storia del Circolo cui parteciparono, in posizione di spicco, i già citati ricercatori. Poco più tardi, si unirono i filosofi Rudolf Carnap e Gustav Bergmann, il matematico Kurt Godel e il giurista Hans Kelsen. In posizione critica rispetto al gruppo si mantenne invece (al contrario di quanto si è ritenuto per un certo periodo) Karl Popper.
Al Circolo di Vienna fu collegato il gruppo di Berlino che si costituì nel 1928 con il nome di “Società di filosofia empirica” intorno ad Hans Reichenbach. Un movimento analogo si sviluppava in Polonia.
Dopo la vittoria del nazismo in Germania e in Austria, molti rappresentanti del neo—empirismo si trasferirono negli Stati Uniti d’America dove trovarono un ambiente simpatetico soprattutto nei pensatori della corrente pragmatica. Fu possibile riprendere così l’idea espressa sin dal 1929, di una “scienza unificata”, che avesse per oggetto tutta la realtà accessibile all’uomo e si avvalesse di un unico metodo di analisi logica. Nasceva così L’enciclopedia internazionale della scienza unificata che si cominciò a pubblicare a Chicago nel 1938 sotto la direzione di Neurath, Carnap e Morris e che ha raccolto monografie dovute a scienziati e filosofi di molti paesi.
Compito della filosofia per i circolisti è quello di eliminare le proposizioni metafisiche. Il filosofo (o filosofo della scienza) deve fare l’analisi della semantica (rapporto fra linguaggio e realtà) e della sintattica (rapporto tra i segni del linguaggio); la filosofia deve essere attività, non dottrina. Questa posizione la si trovava già in K. Marx “Glosse a Feuerbach” (Commenti a F. del 1845; ma pubblicata nel 1888).
L’influenza di L. Wittgenstein (1889,1951) si fece sentire fortemente nel Circolo, specie con il suo “Tractatus logico -philosophicus” del 1921. E' questo che provocò nel circolo di Vienna l’assunzione di posizioni filosofico-scientifiche che si è convenuto di chiamare Neopositivismo, documentate dal testo di Carnap (1892—1970), Hahn e Neurath (1882-1945) La concezione scientifica del mondo (1929), che divenne il Manifesto del Neopositivismo e del Circolo stesso.
Nel Manifesto del 1929 si legge:

“La concezione scientifica del mondo è caratterizzata non soltanto da tesi peculiari quanto, piuttosto, dall’orientamento di fondo, dalla prospettiva, dall’indirizzo di ricerca. Essa si prefigge come scopo l’unificazione della scienza. Suo intento è di collegare e coordinare le acquisizioni dei singoli ricercatori nei vari ambiti scientifici. Da questo programma, derivano l’enfasi sul lavoro collettivo, sull’intersoggettività, nonché la ricerca di un sistema globale di concetti. Precisione e chiarezza vengono perseguite, le oscure lontananze e le profondità impenetrabili respinte. Nella scienza non si dà “profondità” alcuna; ovunque è la superficie: tutta l’esperienza costituisce un’intricata rete, talvolta imperscrutabile e spesso intelliggibile solo in parte. Tutto è accessibile all’uomo e l’uomo è la misura di tutte le cose. In ciò si riscontra un’affinità con i sofisti, non con i platonici; con gli epicurei, non con i pitagorici; con tutti i fautori del mondano o del terreno. La concezione scientifica del mondo non conosce enigmi insolubili. Il chiarimento delle questioni filosofiche tradizionali conduce, in parte, a smascherarle quali pseudo-problemi; in parte, a convertirle in questioni empiriche, soggette, quindi, al giudizio della scienza sperimentale. Proprio tale chiarimento di questioni e asserti costituisce il compito dell’attività filosofica, che, comunque, non tende a stabilire specifici asserti “filosofici”. Il metodo di questa chiarificazione è quello dell’analisi logica” (H.Hahn, L.Carnap, O.Neurath, La concezione scientifica del mondo (1929), a cura di A. Pasquinelli Laterza, Bari, 1979, pp.7(,75).



Le dottrine caratteristiche del neopositivismo.

Il neopositivismo è rappresentato da una serie di autori che, pur differenziandosi fra di loro per specifiche posizioni teoriche, risultano accomunati da talune convinzioni di fondo:
  1. Le uniche proposizioni che hanno senso sono quelle suscettibili di verifica empirica o fattuale (criterio di significanza).
  2. Poiché la scienza si basa sulla verifica, essa rappresenta l’attività conoscitiva per eccellenza, anzi la sola forma di razionalità possibile.
  3. Le proposizioni della metafisica sono, per definizione, proposizioni senza senso, in quanto trascendono l’orizzonte dell’umanamente verificabile. In altri termini, ciò che il neopositivismo rimprovera alla metafisica non è la falsità o l’infondatezza, ma, più sottilmente e radicalmente, l’insensatezza delle sue dichiarazioni, che poggiano su concetti puramente illusori e su parole senza senso.
  4. Attività come la metafisica, l’etica e la religione non forniscono conoscenze, in quanto si configurano soltanto, come scrive Carnap, il bisogno dell’uomo di esprimere il proprio sentimento della vita, il proprio atteggiamento emotivo e volitivo verso l’ambiente, verso la società, verso i compiti cui egli è dedito e verso le traversie che deve sopportare. E poiché la metafisica (come l’etica e la religione) è la semplice manifestazione di un atteggiamento emotivo verso l’esistenza, essa mette capo ad una costitutiva incapacità di comunicazione fra i suoi cultori, ognuno dei quali risulta “murato” nel proprio soggettivo castello di idee.
  5. Le proposizioni valide possono venite classificate secondo la dicotomia instaurata da Hume tra proposizioni che concernono relazioni tra idee (come le proposizioni della matematica) e le proposizioni che concernono fatti (come le proposizioni della fisica). La matematica e la logica non dicono nulla del mondo, sono delle tautologie, non hanno bisogno di essere dimostrate, sono delle convenzioni, le seconde sono vere solo se testimoniate dall’esperienza.
Nel 1928 Carnap aveva sostenuto il neopositivismo, affermando che solo l’esperienza è criterio di verità, il tutto riaffermato nel Manifesto dell’anno dopo. Carnap ribadisce le sue idee:

“In questa nuova logica - non se ne ha ancora coscienza da molti che la coltivano— sta il punto facendo leva sul quale si potrà rimuovere la vecchia filosofia dai suoi cardini. Ogni filosofia presa nel vecchio senso, si colleghi a Platone, Tommaso, Kant, Schelling o Hegel, o costruisca una nuova “metafisica dell’essere” o una “filosofia scientifica dello spirito” si dimostra all’inesorabile giudizio della nuova logica non soltanto materialmente falsa, ma logicamente insostenibile e quindi senza senso. Da ciò segue l’impossibilità di ogni metafisica che tenta di trarre inferenze dall’esperienza a qualcosa di trascendente, che sta al di 1.1 dell’esperienza e che non è sperimentabile, come la “cosa in se” dietro le cose dell’esperienza, l’ “Assoluto” dietro la totalità del relativo, l’ “essenza” e il “significato” delli eventi stessi.•
Poiché non sipuò mai rigorosamente infierire dall’esperienza al trascendente, le inferenze metafisiche necessariamente trascurano passaggi essenziali. E da ciò deriva la parvenza di trascendenza. Si introducono concetti che sono irriducibili sia al dato, sia a ciò che è fisico. Sono pertanto concetti puramente illusori che vanno rigettati dal punto di vista epistemologico, come pure da quello scientifico. Sono parole senza senso, qualunque sia il grado in cui sono santificate dalla tradizione o impregnate dal sentimento. Con l’aiuto dei metodi rigorosi della nuova logica, possiamo sottoporre la scienza ad un completo processo di decontaminazione. Ogni enunciato della scenza deve essere dimostrato provvisto di senso mediante l’analisi logica. Se si trova che l’enunciato in questione è una tautologia o una contraddizione, appartiene alla logica, inclusa la matematica. Diversamente l’enunciato ha un contenuto fattuale, ossia non è tautologico nè contraddittorio; allora è un enunciato empirico. Può essere ridotto al dato e perciò è possibile in linea di principio trovare se è vero o falso; gli enunciati delle scienze empiriche hanno questo carattere. Non vi sono in linea di principio problemi a cui non si possa rispondere. Non vi è qualcosa come una filosofia speculativa, un sistema di enunciati con un oggetto speciale che stia alla pari con quelli della scienza. Filosofare vuol dire soltanto chiarire i concetti e gli enunciati della scienza mediante l’analisi logica. Lo strumento per farlo è la nuova analisi.”

Autore:
Rosanna CARRETTI
Sara LEVATI
PEDULLA'
TRAMAGLINO