RICHARD AVENARIUS.

Richard Avenarius (Ritratto)Parigi 1843 - Zurigo 1896

Nacque nel 1843 a Parigi da genitori tedeschi, studiò filosofia a Lipsia e a Berlino laureandosi nel 1868.
Insieme a Wilhelm Wundt e ad altri studioso fondò la Rivista trimestrale di filosofia scientifica che grande importanza ebbe nella cultura tedesca dell'epoca. Nel 1887 ottenne la cattedra di filosofia induttiva presso l'Università di Zurigo dove rimase fino al 1896 anno della sua morte.
Il suo primo scritto fu un saggio su Spinoza (Le due prime fasi del panteismo spinozistico e la relazione dalla seconda alla terza fase, Lipsia1868). La sua opera principale Critica dell'esperienza pura in due volumi fu pubblicata negli anni 1888-1890.
Altri suoi lavori sono: Filosofia come pensiero del mondo secondo il principio del minimo dispendio, 1876; Il concetto umano del mondo, 1891.
Lo stile di Avenarius è oscuro e appesantito da una terminologia insolita e artificiosa, ma i suoi concetti appaiono chiari.
La dottrina di Avenarius è conosciuta sotto il nome di empiriocriticismo, termine da lui stesso coniato per indicare una filosofia rigorosa al pari delle scienze naturali che, ponendosi al di sopra delle parti è in grado di indagare nel campo dell'esperienza pura.
Per Avenarius l'unica filosofia valida è quella che si fonda sui soli dati empirici, emendati da ogni elemento trascendentee psicologico, sottoposti ad analisi critica rigorosa.
Il pensiero positivista doveva secondo lui essere liberato da tutte quelle asserzioni e generalizzazioni che, non potendo essere giustificate dall'esperienza, erano ancora fortemente intrise di metafisica.
L'esperienza pura è per Avenarius semplicemente l'esperienza considerata a prescindere dai suoi oggetti, in questo senso l'accezione da lui usata si avvicina a quella del senso comune che comprende in questo termine la percezione delle cose, il loro ricordo, le visioni immaginarie, le idee, i giudizi, ecc.
Se l'esperienza comprende queste cose occorre individuare uno strumento che ne mostri la distinzione, questo sarà il compito della critica dell'esperienza pura.
Tutto ciò che viene asserito, indipendentemente da chi lo fa (persona colta o semplice, folle o savio) è esperienza, questa dunque consiste in una grande quantità di esperienze asserite che andranno sottoposte a critica considerando le diverse situazioni nelle quali avvengono.
Bisogna dunque attenersi strettamente solo a ciò che si sperimenta direttamente, all'esperienza appartengono sia l'uomo che le cose legate fra loro da una coordinazione indissolubile. L'interpretazione dell'esperienza non può avvenire né materialisticamente né idealisticamente. La critica dell'esperienza pura può avvenire solo ritornando a quello che Avenarius chiama concetto naturale del mondo.
Tutti i concetti storicamente elaborati di mondo sono derivati da una assunzione originaria, il concetto naturale di mondo: ogni uomo è immerso in un ambiente insieme ad altri esseri umani; egli ha esperienza dell'ambiente come di se stesso; entrambe le esperienze sono costituite dagli stessi elementi i quali dipendono dall'interazione ambiente e sistema nervoso dell'individuo.
Questi si distinguono in elementi (propriamente detti) e caratteri. Gli elementi sono le sensazioni (suoni, colori, ecc), i caratteri sono il piacere, il dolore che costituiscono l'affezionale, la medesimezza e l'alterità che costituiscono l'identiale, il familiare e non familiare che costituiscono il fidenziale. Sempre dei caratteri fanno inoltre parte l'esistenziale costituito da essere, apparire, non essere, il securale dato dalla sicurezza e dall'insicurezza, il notale formato da il conosciuto e dallo sconosciuto e così via. Le modificazioni dei caratteri a loro volta generano altre determinazioni quali attività, passività, corporeità ecc.
Da questa impostazione consegue l'abolizione di ogni contrapposizione fra fisico e psichico, questi sono due caratteri che hanno origine dall'interazione biologica fra l'uomo e l'ambiente, ma non costituiscono due realtà separate.
La cosa e il pensiero differiscono fra loro solo per la diversa posizione all'interno dello stesso insieme: la cosa è percepita, mentre il pensiero è rappresentato.
Anche i termini esistente, non esistente, simile, dissimile sono soltanto caratteri dipendenti dal mutare degli eventi biologici e non possiedono significato logico e obiettivo: da queste affermazioni appare assai chiaramente l'impostazione biologica della filosofia di Avenarius.
Il mondo empirico possiede una sua unità originaria, deriva da una coordinazione indissolubile che lega l'uomo e gli elementi dell'ambiente. C'è qualcosa però che viene a spezzare questa unità creando una artificiosa divisione fra mondo esterno e mondo interiore, tra soggetto e oggetto, tra essere e pensiero: l'esperienza pura viene falsificata da un processo che Avenarius chiama introiezione. Tutto ciò che l'esperienza definisce come cosa, per es. un albero, esiste per me come per gli altri uomini, nell'ambito di una analogia logico-formale fra l'io e gli altri individui. L'introiezione invece fa sì che la cosa esperita sia considerata una mia rappresentazione o sensazione e stabilisce un rapporto tra le cose esterne e il mio pensiero. L'esperienza invece dà testimonianza soltanto di un rapporto tra le cose e il mio corpo; l'introiezione quindi opera una falsificazione dell'esperienza ponendosi in contrasto con i fatti che questa rivela.
La divisione in due segmenti dell'unità empirica originaria dà origine ai concetti di anima, immortalità, di spirito con tutte le complicazioni metafisiche che trascinano con sé.
Queste premesse conducono necessariamente ad una psicologia di tipo fisiologico. Gli stati mentali, i processi psichici sono anch'essi elementi dell'ambiente osservabili come mutamenti fisiologici dello stesso sistema nervoso. Avenarius ha inoltre del pensiero una concezione economica: la conoscenza concettuale deve avvenire col minimo dispendio di forze.
Ciò significa che bisogna eliminare nel processo della conoscenza ogni riferimento che non serve alla rappresentazione dei fatti che interessano. Questa considerazione economicistico-utilitaristica, insieme ad un accentuato nominalismo, che rifiuta o ridimensiona ad ambiti più ristretti concetti come mondo, realtà, cosa, bene si accorda con la mentalità concreta ed efficiente della società di fine '800. Va tuttavia rilevato che l'interpretazione della realtà fornita da Avenarius risulta estremamente semplificata e la sua esperienza pura dà l'impressione di essere una povera cosa: molti problemi che susciteranno grandi discussioni nella filosofia del suo tempo non vengono da lui neppure presi in considerazione.

Autore:
Gianpaolo DELUCCHI
Grazia TANZI